
Accolgo il suono del citofono col batticuore. Finalmente è arrivato, deve essere per forza il corriere. Lancio le pantofole da qualche parte scalciandole via, inforco le scarpe da ginnastica e faccio le scale di corsa per l’irrazionale paura che si stanchi di aspettare e vada via. In realtà ci avrò messo 15 secondi, non di più. Accolgo il pacco direttamente dalle sue mani come un bambino al cospetto di babbo natale in persona. Mi son fatto spedire un po’ di cose da “L’orto conviviale”, le loro preziose conserve di pomodori in primis, ma anche un po’ di sottoli vari e una confettura. Non vedo l’ora di tirarle fuori da quella scatola e stiparle come prestigiosi trofei in dispensa. Le guarderò con orgoglio e giurerò di onorarle ogni qualvolta deciderò di prepararci qualcosa. Se non conoscete “L’orto conviviale” vi siete persi, almeno sinora, una bellissima storia di resistenza contadina, ma anche un motivo di esser fieri della vostra terra. Conosco personalmente Miriam che gestisce l’orto e ci lavora insieme al marito Vincenzo. Sono loro gli artefici di questa esperienza al limite della commozione. Sono due persone al di sopra della media, per quanto la loro modestia non gli permetterà di essere d’accordo con questa affermazione. Due persone lungimiranti, che da qualche anno, lasciando la routine del lavoro impiegatizio, hanno deciso di riscoprirsi contadini. Contadini responsabili, che puntano a valorizzare la biodiversità e la sostenibilità delle produzioni agricole, fautori della decrescita felice e della convivialità, per l’appunto, della vita in campagna. Sono loro stessi un’eccellenza del nostro territorio al pari dei loro favolosi pomodori pizzutelli del Vesuvio. Un patrimonio che andrebbe studiato e sostenuto, perché non si limita alla solo coltura agricola a fini commerciali, anzi semmai pospone quest’ultima all’aspetto culturale che sta dietro il loro progetto. Un progetto di crescita in termini di consapevolezza e tutela del territorio, di studio e promozione della biodiversità, di promozione di una serie di attività a latere che arricchiscono di significati il vivere la campagna. Vi invito a fare qualche ricerca in rete su questi due sognatori felici, ci troverete un sacco di interviste e di racconti sulle numerose attività di cui sono protagonisti e vi sfido a non innamorarvene!
Ingredienti per due persone:
200 gr di spaghettoni di Gragnano
Una conserva di pomodori a “pacchetelle” del Vesuvio da 580 gr
Uno spicchio d’aglio
Olio e.v.o. q.b.
Sale q.b.
Pecorino romano q.b.
Pepe nero q.b.
Una fetta di pane per la scarpetta
Basilico q.b.
Beh la ricetta è davvero semplice, d’altronde parliamo di uno di quei piatti che dalle nostre parti si definiscono sciuè sciuè, facili e veloci da preparare cioè. Insomma la inserisco per dovere bibliografico, ma sfido chiunque a non sapere come approcciare questa preparazione. Unica raccomandazione, non dimenticate quando deciderete di prepararla, una fetta di pane fresco per fare, dopo aver finito la pasta, una doverosa scarpetta. Innanzitutto bisogna procurarsi l’indispensabile materia prima, il pomodoro a pacchetelle che difficilmente si trova nella grande distribuzione (ma dalle premesse sapete a quale campanello bussare). Fate imbiondire in olio e.v.o. uno spicchio d’aglio, quindi, dopo averlo rimosso versate in pentola la conserva di pomodoro pizzutello.


Fate andare a fuoco basso per una trentina di minuti scarsi. Non dimenticate a metà cottura di salare. Ovviamente il sugo dovrà restringersi parecchio, ma non seccare completamente. Grattugiate nel frattempo il pecorino.


Quando la pasta sarà al dente, scolatela e rimettetela nella pentola per condirla con il sugo di pomodoro (non tutto, una parte conservatelo). Aggiungetevi anche una prima generosa manciata di pecorino e un abbondante spolverata di pepe nero, possibilmente macinato grosso.

Impiattate a vostro piacimento, irrorando gli spaghetti con il restante sugo, completando con un’ ulteriore nevicata di pecorino, una macinata robusta di pepe nero e decorando con qualche fogliolina di basilico.
Bon Appetìt!