Genni ogni mattina si sveglia ben prima che il sole faccia capolino tra le cime dei Monti Lattari. Esce di casa dal suo piccolo appartamento fronte strada di Tramonti per andare nel suo regno, in quella che è la sua casa vera. A passo svelto copre in pochi minuti i 700 metri, tutti in salita, che lo separano dal suo caseificio. E’ della sua famiglia da sempre, da quando esiste fisicamente quel posto, lo ha ereditato dal padre che a sua volta l’aveva ereditato dal nonno. Casari di nascita, un destino al quale non puoi sfuggire. Genni ha 70 anni ormai e non si è mai sposato. Il suo unico rammarico è il non avere un figlio a cui lasciare quell’inestimabile eredità. Una volta entrato nel suo laboratorio aziona la corrente, alzando un interruttore nel quadro generale. Nel silenzio del primo mattino il ronzio dell’elettricità che risale tra le canaline dell’impianto si sente distintamente. Genni respira profondamente fino a sentire l’odore del latte che gli invade le narici. Velocemente indossa gli abiti da lavoro e si copre il capo col suo fidato berretto bianco che porta con la stessa fierezza con cui un sovrano si cingerebbe il capo con la sua corona. Riscalda il latte, attende la temperatura giusta, quindi aggiunge il caglio ed aspetta che la magia si compia. Piano piano il latte aumenta la sua densità, fino a formare una pasta molle uniforme che presto diventerà formaggio. Allora Genni imbraccia lo spino, uno degli attrezzi che si usa per rompere la cagliata, e comincia a remare nella grande vasca. I suoi movimenti sono lenti ed esperti come quelli di un gondoliere tra i canali di Venezia, anche se Genni fissa il muro davanti a sé e immagina il mare di Amalfi, quell’azzurro cangiante che in quel preciso momento sta passando dall’avion del primo mattino al turchese splendente per il sole che si sta alzando nel cielo. Una volta terminato anche questo lavoro, con un grosso telo di lino raggruppa la cagliata ormai frammentata in migliaia di piccole pepite di oro bianco e la posiziona in uno stampo. Modella la forma con le mani, quindi ci posiziona sopra un peso per far uscire tutto il siero ancora imprigionatovi. Genni produce pochi pezzi di formaggio al giorno, il suo è un piccolo laboratorio. I soldi non gli sono mai interessati. Gli basta quel tanto per vivere e quella produzione, per quanto esigua, gli consente di condurre un’esistenza dignitosa, fatta di pochi svaghi e forse troppa solitudine. Ma a Genni basta il suo lavoro, è il suo formaggio a sfamargli l’anima.
Ingredienti per due persone:
200 gr di fusilloni
Un fascio di asparagi selvatici
Olio e.v.o. q.b.
Uno spicchio d’aglio
Sale q.b.
70 gr. di gorgonzola dolce
70 gr. di emmenthal
70 gr di taleggio
70 gr. di brie
40 gr di burro
Latte q.b.
Parmigiano q.b.
Un ciuffetto di basilico
Per prima cosa lavate e mondate gli asparagi, privandoli della parte terminale del gambo che è dura e fibrosa (negli asparagi selvatici ancora di più). Quindi in una padella, in olio e.v.o. fate imbiondire uno spicchio d’aglio. Aggiungete quindi gli asparagi e mezzo dito d’acqua per farli cuocere più rapidamente. Lasciate andare e, a metà cottura, salate. La cottura sarà completa quando gli asparagi saranno perfettamente morbidi. Cominciate anche a far scaldare l’acqua per la pasta.
Tagliate a dadini i formaggi, quindi in un pentolino antiaderente lasciate sciogliere il burro.
Aggiungete nel pentolino un po’ di latte e lasciatelo scaldare per pochi secondi, quindi aggiungete i dadini di formaggio e cominciate a girare senza mai fermarvi. Il formaggio piano piano si scioglierà.
Quando il formaggio si sarà sciolto del tutto, aggiungete gli asparagi ed eventualmente, un altro po’ di latte nel caso la fonduta non sia sufficientemente fluida.
Scolate i fusilloni ben al dente e saltate nella fonduta aggiungendo del parmigiano.
Completate l’opera, impiattando ordinatamente i fusilloni, spolverando con altro parmigiano e decorando, infine, con un ciuffetto di basilico.
Bon Appetìt!